Giuseppe Possa, 2019, Personale 'Il sogno, la luce e la parola', Galleria degli Artisti, Milano.

 
 Personale 'Il sogno, la luce e la parola', Galleria degli Artisti con G. Billari, G. Possa, E. Giudici, M. Piazza, Ch. Duzzi, 2019
Personale 'Il sogno, la luce e la parola', Galleria degli Artisti con G. Billari, G. Possa, E. Giudici, M. Piazza, Ch. Duzzi, 2019


Personale "Il sogno, la luce e la parola”, 
Galleria degli Artisti, Milano, 2019. 

Dopo numerose personali tra l’Europa e l’America del Sud, Gladys Sica (artista italo-argentina che ora vive a Milano) si propone per la prima volta con una mostra antologica, in cui espone alcuni suoi lavori pittorici e scultorei, disegni, incisioni e cartoni, realizzati nell’arco di quattro decenni: a partire dalle opere prodotte durante la formazione accademica (“Sogno incantato”, “La mia amica Patrizia”, “Rottura”, “Ciclo vitale”, “Gli ultimi ritorni”) a quelle della maturità (“Visione furtiva”, “Donna senza vestito”, “La rabbia”, “Rusty”, “Minaccia trattenuta”, “Immobilizzato dalla luna”), fino alle più recenti (“Tracce”, “Preannuncio”, “Nessuna parola”, “La decisione”, “Sfida multipla”).
Ciò che, tuttavia, è rimasto sempre immutato in lei è la passione per l’arte, vista non solo come rappresentazione figurale, ma pure come ideale; attitudine a cogliere il bello e il sentire profondo; tensione a lasciar trapelare, rendendocele intatte nelle opere, le sue emozioni liriche (infatti, Gladys è altresì una brava poetessa che ha pubblicato tre raccolte di liriche e ha vinto importanti primi premi; quest’anno per il romanzo inedito “Il viaggio dell’anima”  ha ottenuto il terzo premio al Concorso Letterario “Versusulmona”). Le sue composizioni, proprio per questo, paiono sgorgare da una serenità meditativa e dalla volontà di indagare il reale, di scrutare gli angoli più grigi della vita per dar loro colore e armonia. 
La succinta antologica, qui presentata, è allestita per “tecniche” espressive, dove emerge la pittura a olio su tela o su carta, oppure su supporti lignei. Tutti i suoi quadri sono lavorati a spatola, passando dal colore più nero a cromie più vive, tra astrazione degli sfondi e forme figurali al centro, dai toni a volte espressionisti, a volte più lirici e sereni, a suggerire profondi significati contenutistici, con sensibilità etica ed estetica.  La pittrice, in alcune tele, non disdegna di inserire il suo mondo poetico, con la proposizione visiva di suoi versi (“Dove va tutto l’amore non dato?” “Tracce antiche”, “Il nostro incatturabile, abissale, cuore”, “Domenica, poesia, tango e poi...”, “Cosa faremo allora”); in altre, appaiono aspetti paesaggistici assai armonizzati (“Sguardo indiano” “Ritmi boffaloresi”, “Fiume Chitravathi”, “Visita a Santa Caterina del Sasso”, “Il treno delle nuvole”). Da notare certe interferenze o intersecazioni di larghe o più sottili linee, simili a sguardi inconsci per separare immagini di sogni ancestrali o misteriosi, così da lasciare alla raffigurazione, nel suo insieme, più possibilità interpretative (“Travolto dal tunnel”, “Dove inizia il silenzio”, “Avvertimento”, “Viaggio in India”, “Il mare che unisce”).
La sua pittura è, comunque, sempre realista, ma artisticamente trasfigurata, in cui appare pure evidente un’influenza scultorea (ancora prima che pittrice, Gladys nasce scultrice, come comprova il suo attestato di studi, Prof.ssa di Storia dell’Arte e Scultura, conseguito in Argentina, suo paese di nascita, dove dall’Italia erano emigrati i suoi genitori).
Naturalmente in mostra, non mancano le sculture, quelle di piccole dimensioni (“In coppia”, “Prima del grande passo”, “Sculturina di donna”, “Donna inginocchiata”, “Le parti di un corpo”) visto che le più grandi, non facilmente movibili, sono conservate a Buenos Aires. Le sue creazioni scultoree, plastiche e vigorose, in misurato equilibrio e calibrato rapporto, spaziano dal gesso, argilla o sapone in blocco, da cui poi sono ricavate le fusioni in bronzo o cemento, alle sculture in marmo lavorate a scalpello e alle sperimentazioni con il filo di ferro e il gesso diretto, fino ai bassorilievi. E fra questi ultimi si possono inserire anche quei pannelli a rilievo, tecniche miste (che si avvicinano all’arte povera, minimalista), su cartone ondulato di scarto, intagliato, elaborato per strati e dipinto con colori scuri, illuminati con effetti più vivi nelle linee o nelle scannellature (“Contemplazione vitale”, “L’unità dell’amore”, “Nudità al tramonto”, “Camminata…”). Un modo tutto suo, originale, oserei quasi dire unico, di lavorazione (che può essere considerata pure come arte di riciclo), per lo “scavo” fisico impresso, che s’accomuna alla profonda “macerazione” interiore dell’irrequietezza umana (“La terra della scordanza”, “La distanza che salva”, “Bambino dell’India”).
Rappresentata nella mostra è anche la sua arte grafica e incisoria. Dai disegni su carta, alle tecniche miste a china o a biro, dalle xilografie su legno o linoleum, fino alle acqueforti, acquetinte su zinco, punte secche su lastre radiografiche. Tutte queste opere sono frutto di un rigore percettivo, ottenuto con leggerezza di luci e libertà di segni, in una dinamica di sottintesa tensione, ma che testimoniano un modo di concepire l’arte improntato al sentimento di avventura e ricerca di fronte alla vita (“Sogno all’alba”, “Quale è la domanda che trattieni”, “Morte nel ventre”, “Vittoria divina”, “Gravidanza”).
Se si dà uno sguardo all’intero corpus della sua produzione artistica presente nell’esposizione, al di là delle tecniche espressive usate, si possono rintracciare ispirazioni di varie matrici del Novecento, riconoscere echi di suggestioni europee e sudamericane, perfino influenze mistico-orientali, ma nell’insieme possiede un’impronta del tutto personale. Infatti, i suoi lavori racchiudono un misto di figurativo e informale, con forme geometriche e cromie così particolari da risultare immediatamente riconducibili all’autrice. Forse questo anche perché l’atto creativo (sia esso sulla tela, nella materia scultorea, sui fogli disegnati o nelle incisioni) in lei non è sollecitato da alcuna intenzione cosciente, né da alcuna sensazione programmata, poiché l’autrice si lascia assorbire, durante la realizzazione delle opere, dall’ispirazione del momento e da quel senso di mistero che da essa trapela. Ragionevolmente, il risultato ottenuto, contiene un messaggio, oltre che inconscio, razionale, di ampio impulso, su cui ognuno, poi, coglierà magari aspetti e significati differenti.
C’è, sicuramente, anche un senso liberale di giustizia sociale in alcuni suoi quadri, proveniente da ataviche situazioni, dall’ansia di un abbraccio cosmico, dalle tensioni d’istanze personali, che aprono varchi alla speranza di una civiltà migliore e più tollerante. Non si può, tuttavia, comprendere a fondo la sua arte se non si coglie dalle sue immagini - pure da quelle soffuse dall’attualità dei problemi di vita, di cui appaiono prepotenti metafore - la straordinaria, misteriosa e invisibile energia, generata da uno stato meditativo spontaneo dell’autrice. Gladys durante il processo creativo è nell’intimità della propria coscienza (come se non fosse a tavolino o al cavalletto) e sente dentro se stessa qualcosa di impellente, di universalmente riconosciuto, da esprimere con aperta fiducia ai fruitori delle sue opere. Alla fine, è da esse (e anche dai loro titoli appropriati) che trapela quello che noi ammiriamo: il nostro ambiente circostante, fatto di natura, ma pure di umanità e di sentimenti, da cui si evince la sua attenta e lucida visione del mondo contemporaneo. Infatti, per la nostra artista è importante la presenza dell’essere umano, non importa se uomo o donna, e di tutte quelle entità viventi che occupano il pianeta, con le quali si potrebbe (anzi si deve, sembra suggerire lei) vivere in armonia senza sopraffazioni di alcun genere… ognuno con il proprio istinto, pensiero, anima, con la propria vitalità intellettuale e spirituale, aiutandosi vicendevolmente nei momenti di dolore e gioiendo tutti insieme nei momenti felici dell’esistenza. 
Così dipingendo, Gladys Sica riesce, con la sua pittura, a darci, nel contempo, opere insieme commoventi e stimolanti, che sembrano voler equilibrare le energie presenti nella natura con gli impulsi passionali del genere umano e non solo. Un messaggio di tipo ecologico: un invito a rispettare e salvaguardare, integrandosi coscienziosamente in esso, il nostro pianeta (“L’abbraccio della natura”, “La forza della natura”, “Alberi”, “La magia delle rocce-sculture”, “Danza con la natura”). Ancora: con simili quadri Gladys costruisce paesaggi e soggetti visionari, proiezioni del fantastico che si nutrono di luce, forme astratte o leggibili, ma spesso dirette al cuore del trascendente, per l’impellente bisogno del suo spirito o per un’urgenza interiore. 
Infine, certe figure sinuose contenute in alcuni lavori (“Il ballo del mondo”, “Tango d’amore”, “Tango infinito”) paiono affidate artisticamente alla sensualità degli effetti musicali, identificando il sensuale con lo spirituale; sovente, esse sono trasformate in scarni corpi nudi o volti, i cui tratti, però, sprigionano un’energia incomprensibile, una nuova o rinnovata vitalità, nonostante siano dipinti in maniera così “prosciugata”.
A potenziare la dimensione arcana dell’arte di Gladys Sica, per concludere, contribuiscono pure un segno a volte virulento e dinamico; il colore intenso, con i rossi, i blu, i bianchi, i neri o i viola; le emozioni sprigionate dai contenuti delle opere, colte in un silenzio assoluto, poetico, che avvolge il tutto in un’inconfondibile aura di magia, di mistero, di gioia.

Giuseppe Possa